Il presente articolo, riguardante il dibattito sulle CER avvenuto in data 8 febbraio 2023, è stato pubblicato originariamente nel giornale Gente Veneta in data 17 febbraio 2023. La riproduzione è stata gentilmente autorizzata.
Ogni euro investito in una comunità energetica rinnovabile ne produce due. Un po’ a spanne, certo, ma anche con la convinzione che non ci si sbaglia di tanto. Poi, certo, bisognerebbe considerare anche i vantaggi ambientali e sociali…
Ma anche stando solo agli aspetti economici questo è il dato di fondo quando si parla di Cer: cioè, appunto, le comunità energetiche rinnovabili.
Il rapporto di uno a due, tra soldi investiti e soldi ricavati, esce dalla simulazione presentata dall’ing. Vera Manenti al convegno tenutosi mercoledì 6 febbraio al Centro Candiani e promosso dal Forum per Venezia sostenibile sul tema delle Cer. Un incontro che ha consentito di fare il punto sulla situazione italiana, caratterizzata da un grande ritardo nell’attuazione della Direttiva Europea sulle Cer e dalle difficoltà burocratiche ed organizzative che gli attori pubblici e privati incontrano nella creazione di questi strumenti. Strumenti nuovi che servono per la produzione, l’autoconsumo e lo scambio di energia elettrica da fonti rinnovabili. Non ultimo ritardo quello dei decreti attuativi, senza i quali ben poche di queste esperienze potranno essere avviate. Anche perché il decreto del ministero deve fissare l’incentivo che verrà erogato, per vent’anni, per tutta l’energia scambiata all’interno di una comunità. Il guaio è che il ministero dell’Ambiente promette da mesi l’uscita del testo, che ancora però non c’è.
La simulazione è stata fatta sull’ex scuola e palestra Edison di Marghera (nei pressi della quale è operativa la mensa Caritas Papa Francesco). «È uno studio teorico – precisa l’ing. Manenti, che lavora presso Imq eAmbiente – che intende mostrare come ci sia l’opportunità di riqualificare edifici pubblici o privati in disuso, anche nel tessuto della nostra città. Qui siamo in piena zona residenziale, vicini all’area industriale di Porto Marghera».
Lo studio prevede che i circa 2500 metri quadrati di tetto vengano coperti da pannelli solari fotovoltaici, per una potenza di 264 kW. L’investimento necessario è stimato in 454mila euro.
I pannelli solari potrebbero produrre circa 334mila kWh all’anno: una quantità considerevole di energia che consentirebbe – nell’ipotesi dell’ing. Manenti – innanzitutto di far funzionare l’ex edificio scolastico qualora venisse riutilizzato con qualche nuova funzione (consumi attorno ai 100mila kWh annui, poco meno del 30% della produzione).
«Poi – prosegue Manenti – abbiamo ipotizzato di coinvolgere altre 64 utenze, così articolate: 20 famiglie a basso consumo di elettricità (attorno ai 1500 kWh in un anno); 20 famiglie che consumano 2200 kWh e altre 20 che si attestano a 2700. In più quattro attività commerciali a basso consumo: un bar, un negozio, ma non certo un forno per il pane, che ha bisogno di quantità ben maggiori».
Le 64 utenze arriverebbero ad un consumo di 128mila kWh nei dodici mesi: questa sarebbe l’energia condivisa nella Cer, per la quale verrebbe erogato dallo Stato un contributo (si parla di 11-12 centesimi di euro per kWh) per la durata di vent’anni.
La restante parte di energia prodotta verrebbe venduta alla rete elettrica nazionale (ad un prezzo stimato sugli 8-9 centesimi a kWh).
In trent’anni una Cer così organizzata produrrebbe 27mila euro di crediti d’imposta, 383mila euro di risparmio in bolletta (l’elettricità prodotta con il sole e non acquistata dalla rete), 398mila euro di ricavi di vendita dell’elettricità in esubero e 286mila euro di contributo versato dallo Stato per l’energia scambiata all’interno della Cer. Per un totale di un milione e 95mila euro.
Va detto che una Cer così articolata ha bisogno di manutenzione e di gestione e perciò, nell’arco di un trentennio, c’è da aggiungere un costo, non stimato nello studio presentato al Candiani.
Ma ciononostante si è molto vicini al rapporto di cui si diceva: per ogni euro investito se ne ricavano due. E senza contare la mancata emissione di anidride carbonica per 136 tonnellate annue, pari a quanta ne producono 63 autovetture di media cilindrata o a quanta ne assorbono 4500 alberi di medio fusto, praticamente un bosco. Insomma: ne varrebbe la pena…
Giorgio Malavasi